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Il deleveraging degli NPE

Iniziato nel 2015, il deleveraging degli NPE è proseguito per tutto il 2021 toccando i livelli minimi dal 2008. Il processo di deterioramento dei crediti è stato frenato dalle misure governative di sostegno.

Come emerge dall’ultimo report PwC “Transformation at Work … ” tra le principali evidenze:

  • Dopo la forte riduzione tra 2015 e 2019 la situazione dei crediti deteriorati in Italia appariva sostanzialmente sotto controllo. Il COVID-19 ha completamente cambiato lo scenario.
  • Le misure governative di sostegno hanno permesso di congelare e frenare il processo di deterioramento dei crediti. Nel 2020 e nel 2021, in assoluta controtendenza, il deleveraging degli NPE è proseguito toccando i livelli minimi dal 2008 (da €341mld nel 2015 ad €96mld a giugno 2021)
  • Da fine 2020 vi è stato, inoltre, un «sorpasso» degli UtP sulle sofferenze: a giugno 2021 €49mld di UtP vs. €45 mld di sofferenze in termini di GBV.
  • Nonostante il deleverage realizzato dalle banche negli ultimi anni, rimane uno stock “cumulato” importante da gestire di oltre €350 mld.
  • Le principali banche italiane non sono state per ora impattate dalla pandemia con livelli di costo del rischio nel primo semestre 2021 ancora inferiori ai livelli pre-crisi.
  • Iniziano, tuttavia, a osservarsi alcuni primi segnali di possibile deterioramento del credito: in primis a giugno 2021 si osservano € 219 mld di crediti classificati Stage 2 pari a 14% del totale crediti (valore che era ben inferiore al 10% a fine 2019).
  • In termini di qualità del credito le banche italiane appaiono più “rischiose” rispetto alla media europea: il peso dei crediti Stage 2 sul portafoglio in bonis è, ad esempio, di 4 p.p. superiore rispetto alla media europea.
  • C’è ancora grande incertezza sull’impatto che avrà l’attuale crisi sui nuovi flussi di credito deteriorato. Il mercato si aspetta tra €70mld – €90mld di nuovi inflow di NPE nei prossimi 24-36 mesi al netto di eventuali ulteriori misure straordinarie. Alcune delle principali banche nei loro piani industriali rimangono, tuttavia, ottimiste sulla resilienza della qualità del loro portafoglio crediti. Tali flussi saranno presumibilmente bilanciati da recuperi, ritorni in bonis e cessioni mantenendo sostanzialmente invariato lo stock sui libri delle banche.

Pier Paolo Masenza, Financial Services Leader di PwC Italia, alla luce del dibattito sui futuri impatti della pandemia sul mercato NPE, spiega: “Si pone oggi un profondo tema industriale nella gestione dei crediti deteriorati. Sono già oggi migliaia le imprese a «rischio» classificate come Inadempienze Probabili e il mercato degli NPE sarà costituito prevalentemente da altri crediti “vivi” riferibili a piccole/medie imprese appartenenti ai settori più colpiti dalla crisi. Tutti questi crediti richiederanno una gestione ad-hoc da parte delle banche”.

Il mutato contesto regolamentare (in primis, il calendar provisioning) e le caratteristiche degli inflow di NPE attesi non permetteranno, infatti, alle banche di comportarsi come durante la precedente crisi, cumulando i crediti deteriorati sui libri per anni e dismettendoli successivamente.

“Oltre ai nuovi flussi di UtP che dovranno essere adeguatamente sostenuti, l’incremento dell’indebitamento di molte imprese richiederà soluzioni innovative per ricapitalizzare e sostenere dal punto di vista finanziario le imprese meritevoli. Rispetto all’ultima crisi finanziaria e del debito sovrano, il sistema è in una situazione maggiormente avvantaggiata per affrontare la situazione: la crescita di operatori specializzati nella gestione dei crediti deteriorati, il focus degli investitori sul mercato italiano, la «capacity» e le competenze formatesi nel corso degli ultimi anni costituiscono un importante «asset» che deve essere valorizzato per supportare il tessuto economico”.


In merito alle priorità per sostenere la ripresa dell’economia reale, è necessaria un’alleanza tra tutti i player per sostenere la ripresa dell’economia reale. Da un lato, si dovrà garantire un’uscita “accompagnata” dalle moratorie per le 500 mila famiglie e imprese che ne stanno ancora beneficiando. Dall’altro, si dovrà sponsorizzare e diffondere la conoscenza di soluzioni di supporto all’economia (come il fondo Patrimonio Rilancio di CDP) e, soprattutto, facilitare l’accesso alle opportunità del PNRR e di altri fondi europei”.

Il mutato contesto delinea anche alcune priorità per il mondo del credit management, valide sia per banche che per servicer. Gli attori del settore dovranno porre grande attenzione alla gestione rapida e proattiva dello “scaduto” e ancor prima dei crediti “high-risk” e Stage 2, ma al tempo stesso dovranno spostare sempre più il focus su una gestione “industriale” dei crediti deteriorati piuttosto che su una pura liquidazione delle posizioni, anche collaborando in maniera sempre più proficua con il mondo del real estate. Per avere successo in questo nuovo scenario sarà fondamentale dare priorità ai giusti investimenti in data analytics e nuove tecnologie.

In conclusione, la pandemia avrà in ogni caso un impatto importante, anche se ancora non perfettamente definibile in maniera puntuale, sul mercato del credit management. Al di là dei nuovi flussi che si manifesteranno nei prossimi 24-36 mesi ci si aspetta che l’industria degli NPE sia protagonista di un profondo processo di trasformazione per adeguarsi alle nuove esigenze del mercato e per supportare, laddove possibile, il tessuto economico e sociale del Paese.


Fonte: Bluerating

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