Processo esecutivo: come cambia con la Riforma Cartabia

Il processo esecutivo è rivolto alla soddisfazione dell’interesse del creditore, che deve ottenere quello che gli è dovuto nel quadro e con le garanzie dell’ordinamento giuridico, nei limiti di quanto la legge o il giudice stabilisce.

Il processo esecutivo si affianca, in molti casi, al processo di cognizione, diversamente rivolto all’accertamento di diritto, all’ottenimento di una sentenza di condanna, alla costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico.
Il processo esecutivo presuppone l’esistenza di un valido titolo esecutivo.

Tra i processi esecutivi si deve distinguere l’espropriazione forzata, con la quale viene soddisfatta una pretesa del creditore avente in oggetto una somma di danaro, dall’assegnazione forzata, nella quale il bene o il credito è trasferito al creditore istante, attraverso la forma giudiziale, dall’esecuzione in forma specifica, avente in oggetto la consegna o il rilascio di beni mobili o immobili determinati oppure un obbligo di fare o di non fare. L’espropriazione forzata, a sua volta, può avere in oggetto beni mobili, beni immobili o crediti del debitore.

Una delle modifiche di rilievo che la Riforma Cartabia ha introdotto nel processo esecutivo è relativa all’ abrogazione delle disposizione della formula esecutiva e della spedizione di un atto in simile forma.
Con l’abolizione della formula esecutiva, se la legge non dispone in modo diverso, il difensore del creditore si può limitare a un’attestazione di conformità della copia all’originale del titolo esecutivo.
Cambia anche la formulazione dell’articolo 478 del codice di procedura civile sulla prestazione della cauzione.
La constatazione della prestazione della cauzione dalla quale dipende l’efficacia del titolo esecutivo, si ha apponendo un’annotazione in calce o a margine del titolo rilasciato in copia conforme o con un atto separato che va inserito insieme al titolo.

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